L’Elmo di Minerva, n. 4/2021 – Associazione Nazionale Ufficiali Tecnici dell’Esercito Italiano
L’innovazione di processo è un concetto ampio e dinamico che affonda le proprie radici in decenni di sviluppo di metodi, tecniche e tecnologie ideate allo scopo.
Allo stato attuale, la totalità degli analisti di mercato concorda nel considerare l’innovazione tecnologica e di processo come la condizione necessaria per la sostenibilità e lo sviluppo delle organizzazioni complesse.
A questa indicazione di indirizzo macro-economico si agganciano numerosi standard internazionali per l’ottimizzazione e il miglioramento dei processi e dei servizi. La vastità e la numerosità di tecniche, tecnologie, metodologie e modelli che abbiamo a disposizione, unitamente alla multidisciplinarietà degli stessi – che spaziano dall’Information Technology, al controllo di gestione, al risk management, all’auditing, al project & change management – ha portato alla definizione de facto di nuovi specifici profili professionali sempre più diffusi in contesti organizzativi ad alta complessità.
Le Forze Armate rientrano a pieno titolo in tale categoria e sono sempre caratterizzate da importanti e continui investimenti in ottica digitale, sia a favore delle proprie operations sia nella propria organizzazione centrale e di supporto. In tale contesto, una delle declinazioni più diffuse di innovazione di processo è quella di “ottimizzazione organizzativa”, solitamente in termini di contenimento dei costi o incremento dell’efficienza.
Per poter meglio comprendere il perimetro dell’innovazione di processo, sono quattro i concetti chiave da definire: classi di miglioramento, dimensioni dell’ottimizzazione, livelli architetturali e ambiti di ottimizzazione.
CLASSI DI MIGLIORAMENTO DI PROCESSO
Per prassi si distinguono due diverse classi di miglioramento organizzativo e di processo: breakthrough e kaizen. La prima classe indirizza gli investimenti in ottimizzazione e innovazione che mirano a creare un incremento considerevole delle performance (intese nel senso più ampio del termine) in un periodo temporale relativamente breve. A tal fine viene solitamente istituito un gruppo di lavoro ad hoc, multidisciplinare, eventualmente con il supporto di specialisti esterni. Il raggiungimento dei nuovi livelli di performance avviene anche per il tramite di interventi di re-ingegnerizzazione dei processi.
La seconda classe indirizza invece un lavoro continuativo nel tempo di piccoli incrementi progressivi. Tale approccio viene generalmente implementato – in contrapposizione ai miglioramenti breakthrough – coinvolgendo attivamente la maggior parte della popolazione aziendale.
Vedremo in seguito come questi concetti si possano declinare in termini di governance dell’ottimizzazione organizzativa.
DIMENSIONI DELL’OTTIMIZZAZIONE
L’ottimizzazione di processo, traguardabile con improvement più o meno innovativi, si sviluppa lungo cinque dimensioni tra loro non indipendenti.
In primis, la trasparenza. Un solido controllo dei processi è un fattore fortemente abilitante per il miglioramento, un vero fattore critico di successo. A partire dalle caratteristiche dinamiche di un processo si individuano più facilmente i punti di forza e di debolezza intrinseci e si può meglio valutare l’introduzione di eventuali innovazioni. La trasparenza è intesa quindi come profonda e precisa conoscenza e controllo dei propri processi realmente espletati sul campo. In alcuni contesti rappresenta già un importante risultato, ben oltre la conoscenza procedurale-normativa del processo. In contesti già strutturati, rappresenta invece un prerequisito per l’ottimizzazione delle altre quattro dimensioni. A partire dalle caratteristiche quantitative di un processo si individuano più facilmente i punti di forza e di debolezza intrinseci e si può meglio valutare l’introduzione di eventuali innovazioni. In questo ambito, sfruttando la digitalizzazione dei processi, il c.d. Process Mining è in grado di ricostruire automaticamente i flussi di processo, garantendo una trasparenza e un controllo con livelli di precisione mai raggiunti prima.
La seconda dimensione è quella delle performance. In questo caso, l’elemento critico è capire quali performance incrementare per avere un proficuo e benefico effetto a catena tale da ottenere una ottimizzazione il più possibile globale, traguardando gli obiettivi prefissati. Ottimizzare globalmente vuol dire, nel concreto, implementare un cambiamento organizzativo – anche tramite innovazioni – che sia in grado di migliorare determinate metriche senza innescare nuove inefficienze nelle altre ramificazioni organizzative. In ogni caso, si possono facilmente citare come classici obiettivi di performance il contenimento dei costi e l’incremento di produttività.
La compliance e la trasparenza sono probabilmente le due dimensioni più correlate. Anche in questo caso l’innovazione digitale abilita innovative tipologie di audit superando i limiti intrinseci dei campionamenti, delle ricostruzioni manuali e delle interviste tipiche delle classiche verifiche. Con un adeguato uso delle nuove tecnologie per l’innovazione si può ottenere il totale controllo del reale livello di compliance, dal macroscopico al microscopico, ossia fino alla singola attività svolta da una determinata risorsa in un determinato momento. Maggiore è la velocità dei flussi informativi maggiore sarà inoltre la capacità di valutare in tempo reale i livelli di compliance correnti.
La flessibilità è il nuovo traguardo a cui mirano le soluzioni digitali più innovative. Flessibilità intesa come resilienza e capacità di riorganizzare, in tempi congrui, il personale, la logistica, il flusso delle attività e la condivisione delle informazioni. In tale contesto rientrano le simulazioni e gli studi di performance e flussi in diversi scenari alternativi (what-if analysis).
Ultima dimensione, non in ordine di importanza, è la qualità, di diretto interesse per tutti i servizi e i processi organizzativi di supporto. In particolare, per tutti i servizi che, per loro natura, sono distribuiti e duplicati sul territorio sul territorio, diventano di interesse i cosiddetti benchmark interni: analisi di scostamenti tra l’operatività di reparti equivalenti.
Da tali considerazioni emerge con immediatezza l’importanza della multidisciplinarietà e della formazione di competenze innovative nonché della creazione di nuovi profili professionali. In tal senso, l’ingegnere è sempre più chiamato a ricoprire un ruolo chiave nel governo del cambiamento, in particolare un ruolo di collegamento tra la parte tecnica e la parte operativa. L’alto livello di interfacciamento ci fa capire che è necessario garantire la reciproca comprensione tra l’area tecnica e l’area operativa di una organizzazione: l’ampliamento operativo del classico profilo dell’ingegnere agevola il confronto, la comprensione e la traduzione delle esigenze di alto livello in veri e propri piani di azione. E questo è fondamentale per il buon governo del cambiamento.
LIVELLI ARCHITETTURALI DELL’ORGANIZZAZIONE E AMBITI DI OTTIMIZZAZIONE
Ogni area di una determinata organizzazione è strutturata in diversi livelli architetturali tra loro collaborativi per il tramite di interfacce dedicate:
Tale classificazione ci consente di definire e documentare nel modo più esaustivo possibile l’ambito (boundary) entro il quale deve operare una iniziativa di ottimizzazione e innovazione. Parliamo in questo dell’ambito di progetto, concetto ben definito dalle tecniche di project management. Semplificando, il boundary di progetto può risultare:
La recente letteratura tecnica riporta inoltre numerose testimonianze di investimenti in innovazione di processi e servizi non appartenenti al core business. Difatti, esistono mediamente diverse opportunità di ottimizzazione dei processi “di supporto” comuni alle Organizzazioni di diversi settori: la gestione del ciclo passivo (purchase-to-pay), la logistica, le manutenzioni tecnologiche, ecc.
Generalizzando, i progetti di ottimizzazione possono essere orientati verso tutti quei processi complessi contraddistinti dalle seguenti caratteristiche:
PANORAMA TECNOLOGICO DELL’INNOVAZIONE
Proiettiamo i suddetti quattro concetti (classi di miglioramento, dimensioni dell’ottimizzazione, livelli architetturali e ambiti di ottimizzazione) sull’ampio panorama di standard, metodologie, modelli, tecniche e tecnologie ad oggi disponibili ai fini del governo e dell’innovazione dei processi di business, cercando così di delineare le principali competenze necessarie per una gestione innovativa dei processi di business.
PROCESS MINING
Il Process Mining è una nuova disciplina dell’ingegneria informatica che sfrutta i dati digitali di una organizzazione complessa per ricostruire automaticamente i processi aziendali reali al fine di espletare analisi organizzative, comportamentali, di compliance e di performance ad altissima precisione, rendendo possibili simulazioni di nuovi scenari organizzativi e ottimizzazioni ad alto impatto. Una delle massime espressioni del Process Mining è la realizzazione di un sistema software che, monitorando in tempo reale l’evoluzione delle attività in corso (running cases), ne analizzi l’andamento e la conformità ai modelli di riferimento (piani, standard, ecc.), indicando la specifica attività che, ragionevolmente, dovrebbe essere attuata. Il supporto operativo real-time basato su Process Mining include allo stesso tempo la capacità di predizione, in termini probabilistici, dell’attività che si potrebbe attuare nell’immediato futuro.
Tutti gli strumenti ingegneristici e matematici per l’analisi dei dati e l’ottimizzazione organizzativa – quali, appunto, il Process Mining o il Lean Six Sigma – sono nati prevedendone un uso in back office, offline, su dati anche recenti ma comunque “storici”.
A seguito della loro diffusione, si sono registrati molti sforzi – da parte della comunità scientifica e dell’Industria – nel trasportare tali strumenti in contesti on line, ossia nel renderli applicabili in tempo reale sulle lavorazioni in corso, traguardando in tal modo nuove frontiere nel supporto decisionale operativo. Il valore aggiunto è in effetti molto elevato: è possibile disporre di informazioni qualificate e precise sulla base delle quali adottare decisioni tattiche molto più efficaci.
Un esempio su tutti: i dati storici delle lavorazioni (linee produttive, erogazione di servizi, ecc.) possono essere utilizzati per costruire modelli predittivi ad hoc. Combinando i dati in tempo reale – relativi alle lavorazioni attualmente in corso – con tali modelli predittivi si ottiene la stima, ad alto tasso di precisione, del tempo di lavorazione rimanente.
I tipici usi del Process Mining real time sono :
Il Process Mining è indiscutibilmente uno dei principali strumenti, seppur complesso, per traguardare nuovi importanti risultati in termini sia di ottimizzazione che di flessibilità.
Tornando all’uso offline, il Process Mining esprime importanti potenzialità in termini di simulazione di scenari alternativi i quali possono essere utilizzati, oltre che a supporto del change management per l’ottimizzazione organizzativa, anche e soprattutto per lo sviluppo di misure di contingency in scenari emergenziali. Ci ritroviamo quindi nel campo della gestione del rischio, quanto mai attuale, per il quale lo sviluppo dei Piani di Emergenza Nazionale dovrebbe essere una priorità, a favore della capacità di risposta organizzativa e gestionale a diverse emergenze.
Anche in tale ambito può intervenire efficacemente il Process Mining grazie al cosiddetto play-out: la capacità di generare dinamicamente scenari simulando l’applicazione di diverse soluzioni organizzative, verificandone poi le performance chiave. Una tale capacità si ritrova anche nei modelli costruiti artificialmente attraverso i sistemi di modellazione ad agenti o nella “system dynamics”, con la differenza che questi ultimi sono artefatti manuali che non derivano da una ricostruzione affidabile e automatica dello scenario as-is. A ciò il Process Mining aggiunge il replay, la capacità di riprodurre la catena di eventi storici già registrati nei nuovi modelli organizzativi ipotizzati, per valutarne la diversa evoluzione.
LEAN SIX SIGMA
Nato in ambito produttivo-manifatturiero ma ormai estremamente diffuso in sanità, il Lean Six Sigma è uno standard de facto che propone un proprio ciclo di vita per il controllo e l’ottimizzazione dei processi. Basato su un approccio quantitativo alla risoluzione di problematiche o alla progettazione di nuovi servizi/processi aziendali, può essere all’uopo configurato per proiettarlo verso quattro delle suddette “dimensioni”, esattamente: performance, compliance, flessibilità e qualità.
Uno dei principali insegnamenti che derivano dalla conoscenza di tale standard, è la sistematicità con cui è necessario approcciare inizialmente un percorso di ottimizzazione e innovazione. La traduzione dei desiderata di alto livello in obiettivi specifici, misurabili e coerenti è probabilmente l’attività più critica, pena l’innesco di rilavorazioni indesiderate fino al fallimento dell’investimento.
Sono molti gli strumenti metodologici e matematici indirizzati dal Lean Six Sigma al fine di una gestione ottimizzata di un servizio/processo.
Per la definizione degli obiettivi di progetto, a partire da un business case di alto livello, uno dei principali strumenti prende il nome di CTQ-tree. Trattasi di una metodologia di “elicitazione” che prevede di intervistare tutti gli stakeholder interessati dal business case al fine di registrarne le considerazioni sulle problematiche e potenziali inefficienze. Ogni singola considerazione prende il nome di V.O.C. (Voice Of the Customer) e viene successivamente tradotta in veri e proprio requisiti. Tale traduzione è un passaggio di tipo più ingegneristico, in quanto deve garantire la definizione di requisiti non ambigui, misurabili e che non indirizzino già una possibile risoluzione. Per ultimo, ogni requisito viene tradotto in una o più metriche che prendono il nome di C.T.Q. (Critical To Quality).
Eventuali incompatibilità rilevabili all’interno del CTQ-tree possono essere risolte introducendo dei valori di priorità ad ogni livello dell’alberatura ottenuta.
Come posso individuare le cause primarie che generano performance indesiderate dei C.T.Q. individuati? La root causes analysis, in tal caso, può essere efficacemente eseguita con un consolidato strumento già noto ai più: il diagramma di Ishikawa. Sulla “testa” del diagramma andremo a posizionare il CTQ espresso con formulazione negativa, sviluppano poi cause e sottocause lungo le dimensioni più opportune (fattore umano, organizzazione, logistica, strumentazioni etc.). Il combinato disposto del CTQ-tree e della relativa root causes analysis ci garantisce una ottimizzazione il più possibile globale per l’organizzazione, nel senso già sopra discusso.
I numerosi strumenti di analisi visuale e statistica organizzati dal Lean Six Sigma ci consento, a seguire, di confermare la significatività statistica delle cause primarie precedentemente individuate, escludendo quindi quelle la cui risoluzione non avrebbe una reale efficacia sull’organizzazione.
Infine, a valle dell’attività di reale implementazione operativa della re-ingegnerizzazione dei processi e della relativa innovazione – in uno o più dei tre livelli architetturali sopra definiti – si arriva, dopo un tempo congruo, alla fase di verifica dell’efficacia. A tal fine si possono ricalcolare i nuovi valori dei CTQ che, sperabilmente, risulteranno in valore assoluto migliorati rispetto ai valori iniziali. Quando possiamo dirci “soddisfatti” di tale miglioramento quantitativo? Per certificare la “significatività statistica” dei nuovi valori il Lean Six Sigma indirizza una classe di strumenti statistici che prende il nome di test di ipotesi, con i quali è possibile confermare che il nuovo valore (medio) dei CTQ sottintenda una nuova distribuzione di probabilità delle performace e, quindi, che il nuovo processo improved stia realmente operando in modo migliore rispetto al precedente status quo.
ENTERPRISE ARCHITECTURE
Il cuore della disciplina di enterprise architecture risiede nell’approccio “sistemistico” alla gestione. Una Organizzazione può essere infatti intesa come un sistema complesso, un sistema di sistemi. Con tale assunto è allora possibile predisporre una rappresentazione dei processi in termini di systems engineering o meglio di architetture di sistemi.
Ecco, quindi, che l’organizzazione può essere scomposta e rappresentata secondo i tre livelli architetturali già richiamati in precedenza (business, application e technology layer).
L’enterprise architecture fornisce in realtà un proprio ciclo di vita per il governo e il miglioramento organizzativo, con particolare focus sull’Information Technology. Nel caso dello standard TOGAF (The Open Group Architecture Framework) , tale ciclo di vita prende il nome di ADM (Architecture Development Method). Un disegno (progetto) di enterprise architecture schematizza l’intero stack dei tre layer evidenziano anche le relative interfacce. A tal fine sono disponibili strumenti di modellazione delle architetture utili a supportare il ciclo ADM.
Nel complesso, la disciplina dell’enterprise architecture richiede una prima fase di riorganizzazione interna finalizzata al suo stesso recepimento attraverso la creazione di un reparto specializzato composto da esperti di tale disciplina. Solo in una seconda fase è quindi possibile attuare operativamente i cicli ADM. In generale, tale disciplina può essere sfruttata per operare lungo tutte le cinque dimensioni dell’ottimizzazione sopra definite.
BUSINESS PROCESS MANAGEMENT
Il Business Process Managent è uno standard consolidato di alto livello che si concentra sulla gestione ed ottimizzazione del ciclo di vita dei processi “di business”. In contrapposizione al ciclo DMAIC del Lean Six Sigma che ha natura progettuale e non ripetitiva, il BPM promuove un proprio lifecycle continuativo nel tempo e quindi compatibile con i miglioramenti sia breakthrough che kaizen. In breve, le principali attività previste sono:
Risulta evidente come il livello di astrazione del modello BPM renda compatibile e integrabile il suddetto lifecycle con il Process Mining e il Lean Six Sigma soprattutto in relazione alle attività di discovery, analysis e monitoring and control.
Il BPM si completa infine di un linguaggio di modellazione dei processi, denominato Business Process Model and Notation (BPMN), con il quale è possibile descrivere formalmente e con estremo dettaglio i flussi dei processi e i relativi stakeholder
AGENT BASED MODELING
Ci troviamo in questo caso davanti ad una tecnologia più che una metodologia. L’Agent Based Modeling (ABM) può ricoprire un ruolo non secondario nell’ambito dell’innovazione e dell’ottimizzazione organizzativa. Con riferimento al BPM lifecycle, l’ABM interviene principalmente in due fasi:
ASPETTI DI GOVERNANCE
Il panorama tecnologico e metodologico sopra presentato richiama immediatamente un tema centrale: il governo delle nuove competenze e dei nuovi ruoli aziendali finalizzati al governo innovativo delle Organizzazioni.
Diversi sono i principi che possono guidare una buona governance dei processi in ottica di innovazione e ottimizzazione. Ne riportiamo alcuni tra i principali.
Rifacendoci ai concetti sopra illustrati di business case e definizione degli obiettivi, diversi standard internazionali focalizzano l’importanza di garantire il continuo allineamento alle strategie aziendali di alto livello. Il COBIT , standard di IT governance, prevede nella sua versione num. 5 un meccanismo denominato goal cascade, secondo il quale i business case di ottimizzazione e innovazione devono derivare anche da una analisi sistematica delle strategie di medio-lungo periodo.
Relativamente al fattore umano, un fattore critico di successo è il committment, da ottenere in modo esplicito a partire dal Vertice unitamente al coinvolgimento di tutti gli stakeholder necessari, soprattutto in caso di iniziative breakthrough.
Al fine di fornire feedback e risultati all’Organizzazione in tempi congrui, nonché per evitare di incappare in cambi di contesto tali da compromettere la significatività dei dati oggetto di analisi, un progetto di ottimizzazione deve preferibilmente individuare e implementare gli improvement in circa 3 mesi; nel complesso la durata totale non dovrebbe superare i 6 mesi. A tale limitata durata dei progetti può aggiungersi una strategia di ottimizzazione per fasi, con consolidamento progressivo dei risultati. Scomporre l’obiettivo di ottimizzazione in risultati intermedi, seguendo un approccio incrementale e progressivo risulta una strategia efficace anche al fine di limitare i danni in caso di eventuali sospensioni del progetto. I progetti di miglioramento possono essere infatti soggetti ad interruzioni più o meno definitive a causa, generalmente, di cambi di priorità organizzative.
In tale ottica, si cerca di raggiungere inizialmente i risultati più semplici, in letteratura denominati “vittorie semplici” (quick wins).
La creazione di competenze innovative e di nuovi ruoli a beneficio dell’innovazione possono essere strategicamente organizzate in due macrofasi, soprattutto in riferimento al Process Mining.
Una prima macrofase di tipo progettuale, di stampo breakthrough, implementata con il supporto di specialisti esterni: garantendo un adeguato coinvolgimento degli stakeholder interni lungo tutto il flusso delle attività, è possibile operare anche un trasferimento del know how finalizzato ad internalizzare nuove competenze.
La seconda macrofase mira conseguentemente a costituire un servizio interno, di livello corporate e in grado di operare in autonomia, finalizzato a garantire il monitoraggio e controllo dei processi nonché ad attivare iniziative sia di tipo kaizen che nuovamente di tipo breakthrought.
In una tale governance a doppia macrofase è evidente come l’elemento critico di successo sia il fattore umano. La complessità dell’innovazione di processo deriva dal contestuale coinvolgimento di aspetti organizzativi, tecnici e psicologici. Le diverse tecniche di gestione proposte in letteratura concordano nel dire che il cambiamento deve essere capito, accettato, condiviso e adottato.
Un esempio su tutti è il cosiddetto modello A.D.K.A.R., sviluppato dalla collaborazione di circa mille aziende di 59 diversi paesi sotto il coordinamento dell’Ente Internazionale “Prosci” . Secondo tale modello, sono cinque gli aspetti critici della gestione del cambiamento dal punto di vista delle risorse umane.
In una prima di Awareness, l’Organizzazione deve comunicare agli stakeholder interni le motivazioni che rendono necessario un investimento in ottimizzazione e innovazione. Tale comunicazione deve essere tale da attivare la piena adesione da parte del Personale (Desire). Prima di poter attivare il progetto, è necessario però individuare i gap interni in termini di competenze (Knowledge), completando in tal modo la cosiddetta “abilitazione del cambiamento”. La successiva fase di ingaggio delle risorse umane per l’implementazione del cambiamento organizzativo prevede quindi una fase di risoluzione dei gap, creando nuove professionalità e nuovi profili comportamentali (Ability): vediamo quindi che tale modello entra anche all’interno della sfera psicologica. La fase finale di Reinforcement, continuativa nel tempo, prevede di pianificare quanto necessario per garantire nel tempo il persistere del valore aggiunto ottenuto dall’innovazione organizzativa introdotta.
Tali cinque fasi risultano compatibili ed integrabili con il modello di governance a doppia macrofase sopra descritto.
CONCLUSIONI
Il panorama di tecniche, metodologie, modelli e tecnologie per le innovazioni di processo è molto ampio e in continua espansione. Ultime in ordine di tempo sono le tecnologie di process automation, basate su machine learning e intelligenza artificiale e che consentono di automatizzare singoli task o porzioni di processo garantendo un alto livello di qualità dei risultati.
Innovare un processo vuol dire saper tradurre le strategie di alto livello in pragmatici piani di azioni che, sulla base di evidenze quantitative (big data), possano supportare l’adozione di nuovi modelli di gestione in ottica di digitalizzazione e ottimizzazione. In tale contesto le Organizzazioni possono trovarsi prive delle necessarie competenze innovative. Come procedere quindi per perseguire il necessario cambiamento organizzativo in tempi congrui?
La realizzazione di un servizio interno a supporto della gestione dei processi rappresenta un investimento non secondario, anche in termini di tecnologie informatiche da acquisire. Ecco, quindi, che sono molteplici gli aspetti che suggeriscono come l’internalizzazione delle competenze innovative sia una leva fondamentale per ottenere il migliore ritorno sull’investimento a beneficio di una gestione innovativa. In questo scenario, l’Ingegnere è sicuramente chiamato a svolgere un ruolo chiave anche attraverso una mirata estensione del proprio profilo verso materie operative, economico-finanziarie e strategiche.